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La Cina ormai «risorta» accetta molti degli insegnamenti occidentali in campo economico, ma rigetta quelli politici. Il Partito è l'Imperatore che controlla tutto. La combinazione del Partito-Imperatore con un'economia di mercato ha un nome: capitalismo politico. Agli inizi degli anni Novanta, sembrava che la Storia stesse per giungere a una conclusione: con la caduta dell'Unione Sovietica veniva a imporsi l'ordine liberale, una combinazione di democrazia parlamentare e di mercati liberi. La grande contrapposizione tra liberalismo occidentale e socialismo orientale veniva meno, e il mondo pareva essere finalmente diventato una realtà globale, sancendo quella che Fukuyama avrebbe poi definito la «fine della storia». Qualche decennio dopo, però, a est si sono affermate le autocrazie e il comunismo veniva rimpiazzato in Cina da un capitalismo «politico», che ha presto generato imitazioni nei Paesi limitrofi. A occidente, invece, il capitalismo interventista del Secondo dopoguerra e la sua forma evoluta, il neoliberismo, si stavano fondendo fino a far fronte comune alla crisi innescata dal Coronavirus. Così, abbiamo oggi due sistemi politici - le democrazie e le autocrazie - e tre sistemi economici - il capitalismo combinato a occidente, quello politico e quello dei «compari» ad oriente e nel resto del mondo. La democrazia è fiorita nel Secondo dopoguerra in un numero sempre maggiore di Paesi. Che cosa accadrebbe, però, se quelli autocratici, già affermati politicamente, continuassero a crescere in campo economico?