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Idea centrale del monoteismo ebraico, il divieto di idolatria non va inteso come principio dogmatico e aprioristico di separazione tra Dio e idoli, bene e male, popolo ebraico e nazioni pagane, ma come consapevolezza critica che l'idolatria è un rischio interno alla condizione umana. Non solo del Dio unico è vietato fare immagini idolatriche, ma della stessa idolatria. L'idolo infatti non è una cosa ma un modo, al tempo stesso totalizzante e riduttivo, di relazionarsi all'alterità. L'intera opera di Lévinas può essere letta come un rigoroso gesto di adempimento del divieto biblico. Questa chiave interpretativa è esaminata alla luce dei passi in cui il divieto è tema esplicito, mostrandone la fecondità metodologica implicita, ma anche interrogandosi sui rischi e sulle effettive cadute idolatriche del pensiero levinasiano. Verifica necessaria per ogni progetto anti-idolatrico che intenda restare all'interno dell'orientamento monoteista e non rovesciarsi nell'antitesi iconoclastica tra due o più idoli contrapposti. Lévinas sembra condurre il suo primato etico verso un'interrogazione radicale, che non si limita a risalire la realtà e il pensiero verso le loro irrappresentabili condizioni etiche - l'alterità, il volto, la trascendenza, la responsabilità -, ma sembra accogliere l'esigenza interna a queste stesse condizioni di una dimensione altra dall'etica e ancora più irrappresentabile.