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L'idea di narrare la visione immaginaria e realistica del fare pittorico di Caravaggio nasce esclusivamente da una riflessione personale sull'iconografia borderline o di confine di un ermetico genio delle arti visive. Longhi ricorda un Caravaggio dai "contrasti istantanei di misura, sbalzi tra primi piani e campo lungo" e nel dipinto con il Seppellimento di Santa Lucia a Siracusa emerge una frenetica ricerca di volumi umani, dai manigoldi che schiacciano in primo piano lo spazio pittorico, ma che fanno emergere una linea ideale di fisionomie umane. È questo un viaggio a ritroso nell'agire iconografico del Caravaggio, dove nella piena maturità delle opere siciliane e maltesi, si intravedono i segni di un realismo fugace, una verità simbolica, non solo la fuga e la colpa, ma quel senso di narrazione del natural fiammingo, dove ogni gesto si narra come ingegno di una ermetica macchinazione divina. Un Caravaggio, fisico ma divino, un menestrello lombardo dalla passionalità mediterranea, un modello di sperimentazione che coniuga ferita e anima, corpo e luminosità, una eretica visione del contemporaneo.