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Che il silenzio sia una forma di comunicazione in alcuni casi più efficace della parola non è un'idea nuova. I significati del silenzio, le sue applicazioni, la sua stessa forza persuasiva erano ben noti agli antichi che non di rado si sono interrogati sulla sua essenza e sulle sue funzioni. Il silenzio come difesa, il silenzio come offesa, il silenzio come paura, il silenzio come tracotanza, il silenzio come prescrizione. Il silenzio, al pari della parola, è espressione diretta di uno stato d'animo in stretto rapporto con le reazioni del corpo e obbedisce all'esigenza, più spesso intima ma talvolta anche corale, di manifestare emozioni, trasmettendole mediante una afonìa carica di significati. Nel volume che qui si presenta e che raccoglie gli Atti di un Convegno tenuto ad Urbino nel 2014, il tema del silenzio nell'antica Grecia, i suoi significati e il suo valore, è affrontato da varie prospettive, dall'antropologia alla letteratura al teatro. Si va dallo studio del silenzio rituale, tipico dell'ambito religioso e di preghiera, ma anche legato strettamente alla sfera della morte, al silenzio e alla segretezza legati alla politica e alla strategia militare, in cui l'individuo stesso è portato a tacere sotto la spinta di determinate pressioni.