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La lingua di Leopardi è stata nel complesso largamente studiata; mancava però uno studio approfondito sulle lettere, cioè, come è stato detto giustamente, sull'Epistolario "più bello" e "più commovente" della nostra letteratura. Ora il vuoto è coperto da questo studio completo e intelligente di Fabio Magro, già affermatosi per stringenti analisi stilistiche di poeti del Novecento (come Bertolucci e Raboni) e già entrato nell'officina leopardiana con un saggio su Aspasia. Magro procede, sulla base di spogli esaustivi, secondo le partizioni indispensabili, a sistemare un'analisi linguistica globale: via via dalla grafia e dalla punteggiatura alla morfologia e alla sintassi, aspetto in Leopardi e in genere decisivo, infine al lessico organizzato e discusso secondo i suoi vari "colori" (aulicismi e arcaismi, forestierismi ecc.). Ma c'è qualcosa che arricchisce e anima fortemente questi spogli e la loro sistemazione tecnica, ed è il fatto che le relative risultanze sono sempre incrociate con quelle di altri e a loro volta esaurienti riscontri. Vale a dire con l'uso generale - specie epistolare - dell'italiano dell'epoca; con quello dei maggiori corrispondenti (il padre, Giordani, i fratelli); con la lingua delle altre opere di Leopardi, specie quelle in prosa con le quali il confronto è sempre serrato; infine, guardando dentro la stessa scansione cronologica dell'epistolario e guardando i dati alla sua luce.