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Nel 1991, un anno prima delle stragi di Capaci e di via d'Amelio, era già chiaro, per chi avesse la lucidità necessaria, che la mafia, o, meglio, le mafie italiane, avevano un metodo di comportamento che si stava espandendo nelle istituzioni politiche e nella società civile dell'Italia contemporanea e che la reazione dello Stato si era dimostrata, fino a quel momento, debole e inefficace. Quello che sta accadendo ora appare come la conseguenza di una lunga coabitazione tra mafia e politica che è destinata a durare ancora fino a quando lo Stato non debellerà il fenomeno mafioso. Ma questo tentativo è davvero in corso? L'autore ha molti dubbi al riguardo e sente il bisogno di rievocare quello che è successo nei primi centocinquant'anni dell'Italia unita, riandando sommariamente al periodo che precede l'unificazione nazionale, indicando le conquiste e le contraddizioni delle numerose commissioni parlamentari di inchiesta, le battaglie e le sconfitte dei magistrati, le stragi terribili degli anni ottanta e novanta. È una storia che ha segnato la nostra Italia, e ancora continua a segnarla, in maniera indelebile.