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Perché questo clamoroso successo mondiale di Harry Potter? Si sarebbe tentati di evocare il piacere provato ad ogni età nel ritrovare la magia dell'infanzia, lontano, molto lontano dagli obblighi e dalla dura realtà del mondo attuale, o forse dell'età adulta. E se fosse il contrario? E se la stregoneria che disorienta e fa sognare fosse sottilmente denunciata come una tentazione dei nostri tempi? E se, al posto di celebrare l'infanzia, J.K. Rowling insegnasse ai suoi lettori grandi e piccini a staccarsene, ad uscirne definitivamente? Se suggerisse di "farla finita con la magia dell'infanzia"? Il punto centrale del libro è questo: mentre Peter Pan è stato il campione e l'archetipo del rifiuto di diventare adulti, dell'apologia del mondo dell'infanzia e della sua magia, Harry Potter rappresenta l'uscita da questo mondo, l'accettazione dell'età adulta, il rifiuto della mitizzazione dell'infanzia e della magia. Sotto l'apparenza di un serial (il serial è la negazione del tempo) Harry Potter è un ciclo (il ciclo ha al centro il tempo che passa) che racconta di un progressivo disincanto.