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Ai margini della mente vigile, ai margini della città ben organizzata, ai margini del mondo agiato esistono dolorose realtà: quella dei giovani disorientati che non sanno o non possono progettare il proprio futuro, quella degli emarginati che vivono cronicamente nei ghetti e nell'illegalità, quella dei poveri del mondo che sono esclusi o sfruttati dall'economia globale. In questi territori, percorsi da violente emozioni, dove la ragione e la parola sono precarie e il vivere civile incerto e difficile, l'educazione è luogo di possibile speranza. Il paradigma pedagogico ereditato dalla scuola di Comenio sembra funzionare solo per coloro che vivono già una vita civile, che hanno accesso alla parola e dimestichezza con la cultura razionale. Occorre allora un paradigma pedagogico nuovo, che dia voce a chi non ce l'ha, che allenti le maglie della paura e dell'odio, riaprendo la fiducia nel futuro: un paradigma che utilizzi pratiche che sconfinano dal consueto, avvalendosi dei dispositivi psicologici volti a sostenere la riflessività e la cura di sé, dell'altro e delle relazioni. La scuola comunitaria va oltre il concetto di riproduzione della società per perseguire la sua rifondazione: in quest'ottica essa diventa luogo di frontiera per eccellenza e quindi realtà che attiva cittadinanza per le nuove generazioni e non solo per i giovani a rischio di emarginazione.