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Da "Paura della libertà", scritto durante gli anni bui del fascismo, a "Quaderno a cancelli", l'ultima opera, anch'essa scritta al buio, un buio fisico dovuto ad una temporanea cecità provocata dal distacco della retina, il libro ripercorre le tappe del viaggio di Carlo Levi all'interno di se stesso e, dalle memorie dell'infanzia allo sconforto della malattia, dai toni più cupi alla luce, traccia un percorso ideale che ogni individuo dovrebbe percorrere. Come l'autore evidenzia fin dalle prime pagine, è l'uomo il centro focale di tutta la ricerca leviana, l'uomo con le sue emozioni, le sue speranze, le sue disillusioni. Un uomo che, per essere degno di questo nome, per elevarsi al di sopra della massa indistinta e del caos da cui è originato, deve fare i conti con le sue paure, le sue nevrosi, i suoi miti ancestrali. Un uomo che, liberatosi dai legacci imposti da uno Stato autoritario, da una religione che cerca di controllarlo, e da tutti quei "muretti" che egli stesso costruisce dentro di sé, prende coscienza della propria individualità, dei propri sentimenti e diventa protagonista della sua vita ed insieme della storia.