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Fraçoise Lavocat propone di ridiscutere la questione della differenza fra fatto e finzione in un'ottica diacronica, comparatistica e interdisciplinare. Questo libro si misura con lunga durata e confronta artefatti che appartengono a tempi e spazi culturali lontani (dall'Occidente all'Estremo Oriente), e che impiegano strumenti espressivi diversi. Ispirandosi alla narratologia, all'antropologia, alle scienze cognitive e all'ontologia, l'autrice analizza lo statuto della finzione nei suoi molteplici aspetti: estetici e letterari, filosofici e logici, legali e politici. Questo approccio complesso consente di presentare la finzione come un fenomeno trans-storico, trans-culturale e trans-mediale, e di esaminarne i limiti, imposti dalle culture che la ignorano o la rifiutano. Lavocat insiste - questa soprattutto la novità della sua tesi - sulla necessità di operare una distinzione rigorosa. Definisce la finzione come un mondo possibile, che possiede una sua specifica ontologia, e concentra il suo interesse sul rapporto con i personaggi e sul problema dei paradossi e della metalessi, la figura retorica che, dando l'illusione di valicarla, rafforza la frontiera fra finzione e realtà.