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La norma giuridica si esaurisce nel testo scritto? O, forse, bisogna tener conto anche del contesto? È un antico, eterno dilemma: secoli di storia del diritto forniscono risposte che oscillano tra queste due parole magiche: testo/contesto. Tanto più attuale quel dilemma in un'epoca connotata dalla post-politica. Negli anni '50, epoca del trionfante normativismo, l'internazionalista Giuseppe Barile scalfì il mito della norma scritta: al diritto della volontà contrappose il diritto della coscienza, al dogma del positivismo affiancò una dinamica giuridica spontanea. Non era solo. Nei decenni successivi lo storico Paolo Grossi ha vigorosamente argomentato contro le mitologie della modernità e contro l'assolutismo della legge. Questo studio si sofferma sulla Torino di metà Ottocento. La ricerca va oltre gli innumerevoli spunti che le vicende costituzionali del Regno di Sardegna offrono. Quell'ordinamento, all'interno della dialettica fra democratici e liberali, fu sottoposto, anche per via delle sconfitte militari, a intense torsioni istituzionali. Da esse emerge il ruolo dirompente della spontaneità come fonte nella storia del diritto costituzionale: come spiegare altrimenti la genesi istantanea, in assenza di fonte di produzione, di istituti - poi recepiti in norme scritte - quali il Consiglio dei ministri, il presidente del Consiglio, il voto di fiducia e di sfiducia al governo (e a singolo ministro), l'inchiesta parlamentare, l'interim ministeriale, il decreto-legislativo (e il decreto-legge)? Tra norma e vita dimostra come l'esperienza costituzionale non ebbe inizio dall'emanazione dello statuto (4 marzo 1848), ma iniziò ben prima, proprio perché non è solo il testo, bensì pure la sensibilità dei consociati e le condotte dei players istituzionali (il contesto) a tracciare il perimetro del costituzionale. Il tradizionale ancoraggio all'annus mirabilis 1848 mostra perciò i suoi limiti: infatti, emerge una Costituzione come mosaico di atti e fatti, di atti legislativi e non, all'interno del quale lo statuto si pone non come atto apicale, ma come tessera fra le tessere.