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Durante le guerre napoleoniche, la più importante arma risolutiva sul campo di battaglia fu la cavalleria pesante, rappresentata dai corazzieri francesi e dai loro omologhi britannici, austriaci, prussiani e russi. Questa specialità era formata da uomini prestanti montati su cavalli di notevole stazza, armati con sciabole lunghe quasi un metro con le quali potevano colpire sia di taglio sia di punta. Molti di essi indossavano corazze d'acciaio, una pratica antica riportata in auge da Napoleone. I reparti della cavalleria pesante avevano il compito di aprire una breccia nello schieramento nemico, magari sfruttandone un punto debole o aggirandone un fianco. La loro manovra classica era la carica: disposti in linee o in colonne a ranghi serrati, avrebbero cominciato l'attacco al passo, aumentando l'andatura fino al galoppo per gli ultimi 50 metri prima dell'impatto fatale. Nello stesso periodo, tutti gli eserciti belligeranti misero in campo anche numerosi reggimenti di cavalleria leggera. Agili e veloci, queste unità svolgevano una serie di compiti essenziali che spaziavano dalla ricognizione all'incursione, dall'azione di disturbo all'inseguimento e distruzione di forze nemiche già sconfitte, ma non era raro che venissero impiegate anche per caricare fianco a fianco con le unità "pesanti". Corredato da illustrazioni d'epoca, grafici e tavole a colori appositamente realizzati, questo libro raccoglie due studi sulle tattiche di cavalleria negli eserciti di Napoleone e in quelli dei suoi alleati e nemici.