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Alfredo de Palchi nasce a Legnago (Verona) nel 1926. Nel 1967 pubblica per Mondadori, nella collana "Lo Specchio" a cura di Vittorio Sereni, l'opera di esordio: Sessioni con l'analista. Negli anni Cinquanta si trasferisce prima a Parigi e poi a New York. Per cinquanta e più anni scompare dalle edizioni della poesia italiana maggioritaria, e viene riletto e rivalutato soltanto adesso dai poeti della quinta e sesta generazione del Novecento, che lo eleggono a maestro indiscusso della poesia contemporanea. Durante questi decenni ha diretto a New York una rinomata rivista di poesia, "Chelsea", ed ha curato la traduzione e la diffusione negli Stati Uniti della poesia italiana del Novecento. Come è potuta accadere una amnesia così sorprendente? Quali i motivi? Il fatto è che de Palchi ha un modo di poetare assolutamente così singolare che non può essere accomunato a nessun altro linguaggio poetico italiano del secondo Novecento. Quella sua particolarissima lontananza nostalgica dall'Italia lo renderà estraneo alla cultura del post-ermetismo e del successivo sperimentalismo.