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"Un romanzo apparentemente "facile" che D'Angelo ci presenta attraverso i travestimenti del genere spaziando dalla fantascienza al fantasy al thriller politico, ma che in realtà nasconde un'angoscia esistenziale, una struggente nostalgia di un Bene perduto e a cui si tende disperatamente, senza sapere, senza capire, inermi burattini del grande manipolatore, il demiurgo: Johnny Gongo. E, per parafrasare una raccolta di testi teatrali di Stefano D'Angelo, ancora una volta dobbiamo ammettere, alla fine di questa lettura, che così è, ma non pare!" (Marco Belocchi)