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Attraverso il corpo, la materia che ci colloca e allo stesso tempo ci astrae dal mondo, il romanzo contemporaneo ha riportato sulla scena moderna quelle epifanie del mito classico che la grande tradizione realistica sembrava aver liquidato. L'opera programmaticamente incompiuta, la forma precaria e poetica del frammento, hanno liberato una sorta di sguardo onnivoro che indaga e, allo stesso tempo, si sottrae alle dinamiche del potere. La scrittura persiste eppure, come il feticcio, rievoca ciò che è assente. Nel romanzo postumo di Pasolini e in quello italiano degli anni Settanta, nei romanzi di Clarice Lispector, nelle tele di Francis Bacon, nel cinema di Cronenberg e negli spettacoli della "Socìetas Raffaello Sanzio" fino al romanzo americano degli anni Novanta, la presenza enigmatica dell'altro da sé è nel dettaglio, manchevole e imperfetto, che ci emoziona. L'opera rifugge la forma esasperandola. La scrittura diventa lo schermo simbolico e visivo del quotidiano. La corporeità riconduce all'essenziale le potenzialità parodiche e prospettiche delle forme.