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I fatti - come il lettore potrà scoprire scorrendo queste pagine - sono riferiti, in forma narrativa e aneddotica, a temi come il corteggiamento e l'amore, il tradimento e il matrimonio, le tante definizioni di "esso" e di "essa", recentemente riproposte da un Benigni, diavolaccio toscano che ne conosce i mille epiteti, forse più del Belli, citato dall'antropologo Paolo Bartoli. Insomma: le tante espressioni dell'amore fisico e della relativa "attrezzatura", declinata in tutte le possibili varianti, vengono elencate con scrupolosa sfrontatezza. Operazione, di solito, palesemente osteggiata da un atteggiamento che si pone tra la vergogna e il pudore, la riservatezza della buona educazione e i "belli parlari". Parole, frasi, detti raccolti al volo o strappati con non chalance a giovani e anziani, nelle botteghe di campagna e nei bar di città. Col solo scopo, e la responsabilità, di accumulare un sapere linguistico che andava salvato dall'estinzione. La riproposizione di Griferòtikon ha, appunto, lo scopo di diffondere e condividere quel patrimonio.