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Per ogni soldato al fronte, per ogni prigioniero, la lettera è la cosa più preziosa, desiderata, pretesa. Quando i ritardi della posta impediscono la regolarità dello scambio epistolare, a prevalere sono la delusione, il timore dell'abbandono, non di rado la collera. Non diversamente, nel suo carteggio con la moglie, Vittorio Sepi, soldato e prigioniero nella Seconda Guerra Mondiale, si affida alla scrittura come all'unico antidoto in grado di lenire il trauma del distacco dai propri cari.