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L'idea e la coscienza del tragico attraversano la cultura occidentale senza soluzione di continuità, pur sotto forme diverse e nell'adattamento a concezioni morali ed esistenziali di diversa ispirazione; il teatro è da sempre luogo privilegiato - anche se non unico, specialmente in epoca recente - della rappresentazione di tale concetto. Benché da un punto di vista strettamente formale la tragedia sia ripudiata in epoca romantica, il senso del tragico non scompare dalla scena teatrale contemporanea, malgrado la concorrenza di altre forme e modalità di scrittura che tendono ad appropriarsene. Volendo individuare un tratto costante, un elemento chiave che costituisca una sorta di filo rosso, di sentiero segnato nella storia della tragedia come forma drammatica e, più generalmente, in una concezione del tragico, potremmo riconoscere questo elemento nel concetto di limite, e nel rapporto che l'uomo intrattiene con esso; su questa base, anche in sintonia con i recenti studi di Annamaria Cascetta, si snoda la riflessione proposta nel volume che presentiamo. Esso raccoglie gli atti di una giornata di studi tenutasi presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Modena e Reggio Emilia il 10 dicembre 2009, che si proponeva un'analisi della presenza del tragico nel teatro novecentesco prendendo come spunto una serie di autori e di testi, individuati come possibili chiavi di lettura del concetto di tragico nella contemporaneità.