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Il libro racconta di Alberto, nato con quel cromosoma in più che genera la sindrome di Down. Ma è anche la storia di una giovane donna e del suo impatto con la disabilità inaspettata di un figlio e delle ripercussioni che ne derivano in seno alla famiglia e nel contesto esterno. In una successione di capitoli brevi, con un linguaggio semplice e comunicativo, a volte brutale, vengono a galla momenti chiave, come il trauma della scoperta della sindrome a nascita avvenuta, la rozza mancanza di empatia da parte di medici e psicologi, la consapevolezza che la sindrome non è una malattia ma una condizione genetica, l'alleanza familiare nell'impegno della crescita, gli ostacoli, le remore e le discriminazioni nella formazione scolastica e perfino catechistica, la lotta vincente per un'inclusione reale all'interno della società e delle istituzioni, la serena normalità con la quale si è riusciti a vivere l'anomalia di partenza. Quella di Alberto e della sua famiglia è una storia personale ma anche una storia comune a tanti, di quelle che hanno un inizio ben chiaro e definito, ma il cui sviluppo è determinato dalle scelte che volta per volta si è costretti a fare.