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Il tribunale dell'Inquisizione è parte dell'immaginario collettivo e la sua storia ha da sempre accompagnato i percorsi della memoria che sono alla base della cultura europea. Senza tornare sull'impegno antiereticale degli inquisitori, ripercorrendo lettere e denunce che giungevano a Roma da comunità devote vicine e lontane, il libro rintraccia il segno dell'attività di disciplinamento del clero e dei fedeli svolta dalla Curia per guidare e controllare la trasformazione del tessuto devozionale nella vita della Chiesa tridentina. Il rigore nel regolare le procedure di promozione dei santi e l'impegno degli inquisitori centrali per arginare gli eccessi delle pratiche di pietà offrono un vivido quadro del vissuto religioso moderno. Tra le pieghe delle complesse dinamiche dei rapporti tra i cardinali e le diocesi emerge l'impegno del Sant'Uffizio per regolamentare i comportamenti dei credenti e per omologare le forme della devozione pubblica e privata di tutti i ceti sociali, ma anche le sinergie tra le politiche di disciplinamento del centro romano e le disposizioni dei governi ecclesiastici periferici.