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"Se in Napolitano neanche un verso diventa demotico, la ragione è da ascrivere a una sovrascrittura sentimentale, interrogativa, identitaria, carica di un pudore che si vorrebbe pervasivo, ma che sarebbe fuorviante non immettere nel catalogo delle sweet lies cui il poeta formiano ci ha abituato. Ma per esso, andrebbe piuttosto coniata una tipologia di pronuncia che chiameremo "clownesca", ovvero il continuo formarsi e deformarsi dei versi come se a declamarli fossero l'irridente pagliaccio di Boll in lotta con quello funebre e meditabondo di Schoenberg, il grillo parlante e la coscienza di Napolitano, il suo contiguo Pìerrot lunaire." (Stelvio Di Spigno)