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Il libro narra le vicende e le vicissitudini dell'autore, Tommaso Daniele, presidente dell'Unione Italiana dei Ciechi. Non vedente dall'età di nove anni (da quando, durante la Seconda guerra mondiale, scoppiò una mina nel giardino dove giocava), l'autore ha trascorso la propria infanzia e giovinezza in un continuo altalenarsi di avvilimento e speranza. Stati d'animo espressi in tenere, e al tempo stesso dolorose liriche, dedicate agli amici, alla moglie, alle due figlie (che amorevolmente chiama "i miei occhi"). In questa opera, l'autore ha voluto mettersi pienamente in gioco e far partecipi gli altri delle immagini che lo specchio ha restituito all'anima.