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Edipo, Medea, Antigone: personaggi del teatro antico che hanno continuato ad accendere la fantasia degli artisti di tutte le epoche. Nel Novecento, tuttavia, è un'altra divinità della mitologia greca a imporsi all'attenzione della cultura e del pensiero contemporanei: Dioniso, ibrido, misterioso, contraddittorio, fonte di fascino fin da quando Nietzsche ha cominciato a interpretare il dionisiaco come una categoria estetica. Dioniso incarna e ridefinisce le polarità insite nell'essere umano, rappresenta l'evasione verso un orizzonte diverso, la nostalgia di un altrove assoluto; è dunque anche simbolo della magia teatrale e dell'opera in musica. Nel Novecento, proprio un genere in crisi, in cerca di una nuova immagine di sé, come il teatro musicale, si rivolge al dio dell'alterità e al testo che, nell'antichità classica, più lo rappresenta: le Baccanti di Euripide. Compositori noti e meno noti, come Szymanowski, Wellesz, Ghedini, Partch, Henze, Buller, Bõrtz sono andati in cerca del proprio Dioniso per metterlo in scena, provandone ogni volta il potere sul teatro e nel teatro, e comprendendo che l'unico modo per avvicinarsi a Dioniso è quello di entrare nel suo gioco. Questo libro prende avvio da alcune riflessioni sul Dioniso nietzschiano, ripercorre alcune delle principali riletture novecentesche del dionisiaco e si propone di mostrare come la riflessione moderna sul dionisismo abbia trovato un ulteriore importante contributo proprio nelle trasposizioni musicali delle Baccanti.