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Tre vecchi amici - un medico, un ricco magnate e un sociologo -, legati dalla passione per i viaggi e l'esplorazione, colgono al volo l'occasione di unirsi a una grande spedizione scientifica e malauguratamente si ritrovano da soli in una terra sconosciuta, forse in Sud America. Parte da qui, come un vero e proprio romanzo d'avventura, il racconto-pamphlet che Charlotte Perkins Gilman scrisse nel 1915, dando vita alla prima utopia femminista dell'età contemporanea. Antesignana dell'insofferenza e della consapevolezza delle donne riguardo alla disuguaglianza loro imposta dall'ordine sociale, Gilman mise sotto gli occhi di tutti l'insensatezza, oltre che l'ingiustizia, della condizione femminile. E lo fece scegliendo la via più semplice e diretta: un racconto di fantasia che mette in bocca a un uomo, il narratore-esploratore, la scoperta e la descrizione di un paese felicemente e pacificamente abitato da sole donne. Quale arguzia e quanta ironia. Le stesse che ritroviamo negli altri suoi racconti, tra cui "La carta da parati gialla" (1892). Scritto in forma di diario, il racconto ci conduce nell'abisso della solitudine e dell'emarginazione di una donna che solo attraverso la scrittura - che per Gilman è uno strumento politico e mai fine a se stessa - troverà una forma di riscatto e di liberazione. Quella che si raggiunge mettendo sulla carta il rimosso della nostra cultura.