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Ieri come oggi è la scienza a "introdurre novità", a scompaginare ordini ed equilibri considerati assoluti. Ieri, la cruciale questione copernicano-galileiana, con i suoi problemi d'interpretazione biblica; oggi, le questioni che scaturiscono dai rapidi progressi avvenuti nel campo delle scienze della vita e che ripropongono antiche discussioni scientifiche e filosofiche su che cosa s'intenda per "natura", "persona", "inizio vita", "fine vita". Domande che reclamano interventi urgenti e appartengono alla sfera della politica e del diritto pubblico. Come ha osservato Norberto Bobbio, in uno dei suoi ultimi interventi dedicati al tema della laicità, "ciò che minaccia le verità tramandate non è la ragione filosofica, ma la ragione scientifica. Il processo di secolarizzazione, la cosiddetta età del disincanto, e nato non dalla ribellione di Lutero, ma dalle scoperte di Galileo". Quelle scoperte hanno frantumato inesorabilmente un universo fino ad allora ritenuto compatto e armonico, dando vita a scritti che ancora riescono a parlarci perché riguardano il tormentato rapporto tra la scienza e la religione. Non è dunque per il gusto dell'erudizione che torniamo a leggere pagine di quattro secoli fa. Lo scopo è un altro: sottoporre a un rigoroso esame storico e filologico dei testi che per primi hanno affrontato la questione religione-scienza; che per primi hanno messo in discussione la concezione gerarchica del sapere fondata sulla parola di Dio.