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"In questa dodicesima puntata d'un Giornale iniziato col nuovo millennio, Carlo Villa da instancabile quaresimalista, soprattutto di se stesso, striglia le perversioni d'un vivere dai risvolti ogni giorno più inquietanti, affrescandoli come fossero altrettanti Trionfi d'una morte annunciata presenti nei monasteri medievali. E sarà stato anche per questo che tanto puntiglioso impegno non gli è stato mai notiziato: salvo che nell'estremo numero d'un 'Belfagor' doppiamente in carattere. Una singolare consegna del silenzio del tutto inspiegabile, visto ciò che invece affolla i residuali fogli all'ancora d'una cultura resasi deprimente. Prossimo alla sua nona decade anagrafica, l'autore d'un così lungo impegno infruttuoso, è ormai avvezzo a simili ostracismi, non accolto più da tempo da scuderie attrezzate a una scrittura fattasi anacronistica, venendo ormai macellati i purosangue, per delle stazioni di posta sempre più ravvicinate per il cambio di cavalli da sfiancare cinicamente, quale che sia il loro propellente: come se anche nelle lettere, come nei campi da pallone, contasse la merce 'fresca' da convogliare a una folla perché vi si ottenebri per bande, anziché potenziarvisi secondo il pensiero di Leopardi".