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Una fra le più autorevoli filosofe italiane si interroga sul significato morale e politico della postura verticale del soggetto e propone di ripensare la soggettività in termini di inclinazione. Si tratta di due geometrie, di due costruzioni ontologiche. Mentre nella classica figura dell'uomo retto e nei vari dispositivi rettificanti della tradizione filosofica si annida un io egoistico, chiuso in sé, autosufficiente e autoreferenziale, nella figura dell'inclinazione prende invece forma un sé altruistico, aperto e spinto a uscire dal suo asse per sporgersi sull'altro. Il riferimento non è solo a testi filosofici (Platone, Agostino, Hobbes, Kant, Arendt, Jonas, Canetti), ma anche a prodotti artistici (le tele di Barnett Newman, di Leonardo da Vinci e di Artemisia Gentileschi, le fotografie di Aleksandr Rodcenko) e a pagine letterarie (Marcel Proust, Virginia Woolf). Il capitolo conclusivo è dedicato a Lévinas e alla decostruzione geometrica del suo incontro etico "faccia a faccia".