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Nella Grecia delle origini la follia non fu solo malattia, ma mezzo per forzare i limiti dell'anima e dilatare la personalità. Faceva parte dell'esperienza religiosa, stava alla base dell'attività di profeti e persino di politici, era la voce degli oracoli. C'era metodo in quella pazzia: ispirava poeti e cantori, né mancavano culti estatici, come quello di Dioniso, in cui gli adepti avevano esperienze visionarie, come tuttora avviene nei riti di possessione diffusi in numerose altre civiltà. In Grecia i pazzi non venivano reclusi: piuttosto la società era capace di modellare la follia al proprio interno, sfruttandola in modo creativo. Questo libro mostra quanto la stessa civiltà dell'Occidente debba alla non-ragione.