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Il poeta dà un nome alle cose che non capisce. È per questo che è poeta. Gli piacerebbe essere spontaneo o beato ma non ci riesce. Vorrebbe essere solo il testimone della sua piccolezza di fronte all'universo che lo sovrasta. Il poeta sente le grida di dolore. Vede le sofferenze. Come una spugna, assorbe nel suo corpo le indignazioni e le paure. Palpita anche a questa vita sottile ed effimera che nutre il cuore dell'uomo. Non giudica né interroga il mondo. Non istruisce come un filosofo. Non è né sciamano né guaritore. Può aiutarti a dare un nome allo stantio che è dentro di te. Questo peso che rifiuti di portare. Questo dolore che non osi più guardare in faccia per le migliaia di volte che te l'hanno servito su un piatto d'argento.