Tab Article
Gilet da pescatore su camicia bianca, jeans e cappello di feltro. D'inverno una lunga pelliccia di lince rivestita di seta blu, da giovane una cravatta nera fermata da una piccola mascella di lepre. Così si presentava Joseph Beuys, l'inconfondibile aspetto di un personaggio fantastico a cavallo tra il clown e il gangster. Appena entrava in scena, faceva sempre il contrario di quanto ci si aspettasse, spesso e volentieri cose che a prima vista non avevano alcun senso. Tutto questo per trasmettere scariche di energia e provocare negli spettatori uno choc salutare, un ampliamento della consapevolezza. Rinunciando, con rare eccezioni, alle interpretazioni e ai giudizi stereotipati su uno dei personaggi più discussi e vivisezionati del xx secolo, Heiner Stachelhaus mette insieme un ritratto a tutto tondo di Joseph Beuys a partire dalle "controimmagini" della sua stessa vita: gli studi di scienze naturali e il confronto con l'antroposofìa steineriana; l'incidente in Crimea e le esperienze tra i tartari, l'insegnamento e l'occupazione dell'Accademia, le yooo querce e la battaglia ecologista, il Beuys privato che beveva acqua del rubinetto in bicchieri di cristallo molato. Fino ad arrivare al Blocco-Beuys di Darmstadt, il museo-laboratorio in cui ancora aleggia lo spirito dell'"unico artista", come disse Karl Ströher, "capace di esprimere la specificità della nostra epoca".