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Oggi si tende sempre più a pensare gli "strumenti" come a mezzi che garantiscono il percorso scientifico dimenticando che gli strumenti sono mezzi per raggiungere qualche obiettivo, ma che come tali devono essere trattati. Gli strumenti dovrebbero essere innanzitutto concettuali e l'osservatore deve assumere l'atteggiamento dell'esploratore e dell'investigatore: solo così la pratica osservativa può diventare una straordinaria avventura. Chi non ha un atteggiamento di genuina curiosità e dimostra di sapere già tutto prima della realtà che si accinge ad analizzare, non ha capito nulla della ricerca scientifica. Non è e non sarà l'uso di strumenti operativi e l'applicazione dei modelli matematici che faranno fare alle scienze in generale, e alle scienze dell'educazione in particolare, il salto verso la scientificità, ma la conoscenza corretta dei fenomeni che non consente a nessuno di saltare la fase dell'osservazione. L'osservazione però è lastricata di trappole perché osservare significa fare i conti con i pregiudizi dello scienziato, con le cose che appaiono in un modo mentre sono in un altro, con le proiezioni, le aspettative, con i punti di vista ecc. Tutto questo potrebbe portare ad una sorta di paralisi, considerando tutte le difficoltà che si devono affrontare, e invece da una parte ci deve tranquillizzare il fatto che ogni scienza, dall'archeologia alla biologia, fanno i conti con questo tipo di trappole, e dall'altra che serve a costruire una "cultura della cautela".