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L'ultimo caduto italiano nella Grande Guerra fu Augusto Piersanti, 21 anni, stroncato da una mitragliatrice quel 4 novembre alle 14.40, pochi minuti prima che scoccasse l'armistizio, mentre cercava di strappare agli austriaci la località Paradiso, un nome beffardamente tragico, ad est del Tagliamento. Ad Augusto Piersanti fu conferita postuma una medaglia d'argento al valore militare e persino D'Annunzio, alla vigilia dell'impresa di Fiume, lo ricordò in un discorso. La Prima Guerra mondiale è stata l'incubatrice di una condizione abissale in cui l'uomo, connotato dal proprio linguaggio, non ne avrebbe più avuto uno adeguato, efficace e verosimile per restituire le proprie esperienze più tragiche. A cent'anni dalla traslazione della salma del Milite Ignoto italiano al Vittoriano in Roma, serve una riflessione profonda sulle dinamiche attraverso le quali la politica, la letteratura, l'arte e la cinematografia hanno raccontato, nel corso degli anni, la descrizione e la sublimazione della morte nella Grande Guerra.