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"Sono nato in una casa rumorosa, dove non riuscivo mai a prendere la parola e a inserirmi nella conversazione. Mia madre aveva una bella voce melata da contralto, che sprecava per osservare ammirata quant'era bella mia sorella maggiore Shani o, peggio ancora, per urlare "kalooki!" assieme alle sue amiche ogni sera della settimana. Il kalooki, per chi non lo sapesse, è la variante del ramino prediletta dagli ebrei in virtù del suo carattere intrinsecamente argomentativo. Ma il piacere stava proprio in quello: nel continuo battibecco sul perché e sul percome dovesse essere giocato. Alcune serate di kalooki erano considerate un enorme successo anche se non veniva giocata nemmeno una mano. Mio padre preferiva restarne fuori, e consacrare la sua voce da baritono basso a una più elevata causa, la religione della non-religione, una specie di giudaismo svuotato di tutto tranne che della sua tendenza alla disputa e della sua liberalità. Solo che ne discuteva a lungo e a gran voce con tutti quei comunisti, sindacalisti, atei che approfittavano della sua politica della porta aperta presentandosi a casa nostra in qualunque momento. Anche se erano più interessati a guardare mia madre che saltava dalla sedia gridando "kalooki!" che a cambiare il mondo e il posto che gli ebrei vi occupavano. Aggiungendo il baccano che faceva mia sorella, sbattendo porte, disperandosi per i capelli e scagliando scarpe avrete una vaga idea della sferragliante fucina nella quale venne forgiato il mio riservato carattere."