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È un libro-verità, ovvero la narrazione a viva voce dei tre protagonisti dell'abbandono del podere negli anni Cinquanta. Ma è anche un poema in prosa in cui ognuno narra a "cuore aperto" la perdita del rapporto con la terra, con le stagioni, così come fino ad allora era avvenuto. Guido, il capoccia, narra della sua vita libera, anche se faticosa, con tutti gli sviluppi e i coinvolgimenti in una società dove tutto veniva messo in gioco, di giorno in giorno, fra terra e cielo, ai confini della città. Bruna, la moglie, descrive i duri momenti di vita che la donna era costretta a vivere nel mondo contadino e tuttavia non le manca la nostalgia per un mondo talmente imprevedibile che, essendo lei poetessa, poteva anche essere messo in versi. Franco, il figlio, e curatore di questo libro, che riviveva in sé le memorie ataviche e che cercava di salvare, nella vita della città, il grande respiro verde delle stagioni nel podere.