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La poesia di Giancarlo Bianchi va da una confessione che scava nel profondo la propria voce ad accenni di inno di struttura vocativa: una sorta di movimento carsico fra luce ed ombra, o viceversa, che alla fine diviene un flusso dell'anima nelle sue caleidoscopiche variazioni. E tutto questo viene vissuto come in un agape fraterna in cui la Parola assurge a un valore assoluto. Questa sua ricerca ha inoltre il pregio di andare oltre i limiti confessionali ed allargarsi ad una spiritualità universale, cosmica addirittura, dove evento ed avvento finiscono col coincidere. La scrittura scorre così in una dinamica "naturale" a cui il lettore deve affidarsi per entrare in queste vere e proprie epifanie del silenzio e dal silenzio. Non è possibile, infatti, una lettura che si affidi esclusivamente al logos, ma occorre andare oltre, ascoltare l'oltre che il poeta evoca, come ha scritto Carmelo Mezza salma in apertura, con una sua totale dedizione, devozione.