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Si dice che la maturità gastronomica si raggiunga a cavalcioni dei cinquant'anni. Se è così, i ragazzi di queste pagine hanno ancora tra i venti e i trent'anni per dire la loro. Per fare a gara sulle guide, per essere incoronati primi chef al mondo, per maltrattare pasticceri, per chiudere il ristorante e cambiare mestiere, per sorprendere, per deludere, per bruciare pentole o tirarle ai sommelier, per diventare altezzosi, per sedurre soffici foodblogger amanti dermici, per andare in televisione, per litigare sui social, per prendere o perdere stelle e cappelli. Sono i cuochi di seconda generazione della Nuova Cucina Italiana, che sì, hanno le radici nella tradizione, amano il profumo di pane, la cucina della nonna e blablabla, ma poi nello spazio intimo delle loro camerette hanno i poster di Bottura, Scabin, Uliassi, Crippa, Cuttaia, Cannavacciuolo, Cracco. Conoscono il mondo e si scambiano idee veloci come il web. Sono diversi ma incredibilmente simili. Sono i grandi cuochi di domani, ma per farli crescere è il caso di visitarli oggi, altrimenti non ci sarà da stupirsi se un giorno lontano alcuni di loro prenderanno in mano questo libro, soffieranno via la polvere dalla copertina, e sospirando diranno ai nipoti: «Eh... Guardate com'ero bellino qui: lampadato, col ciuffo da scemo e pieno di speranze».