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Per haiku si intende un insieme compiuto, una sorta di universo contenuto in una composizione poetica breve di 5-7-5 sillabe, o morae, sviluppato su tre versi e privo di qualsivoglia titolo. Nasce e fiorisce nel Giappone del XVII secolo traendo origine dal tanka (IV sec.) a sua volta composto da 5-7-5-7-7 sillabe (o morae) articolate su cinque versi. Gli elementi comuni che ricorrono nell'haiku sono: il kigo, parola che indica la stagione a cui la poesia fa riferimento; il kireji, generalmente la parola di rottura o di ribaltamento indicato da un trattino, una virgola, ecc.; il sabi, l'isolamento, che per Matsuo Basho, creatore del genere poetico, è la bellezza della solitudine; lo wabi, la povertà, concetto fondamentale adottato dal buddhismo-zen; l'aware, il cambiamento e infine lo yugen, il mistero. L'immagine diretta e senza interposizione, rende pressoché impossibile l'interpretazione dell'haiku. Il soggetto del componimento è l'oggetto che stimola mentre l'osservatore è solo il mezzo che si limita a fotografare l'istante. Da qui le peculiarità dell'haiku che sono: l'essenzialità, l'apparente assenza di emozioni e la perfezione della forma. Essendo l'autore uno sperimentatore, egli ha voluto adottare molte forme a tali poesie brevi di origine nipponica, come i pops americani di Jack Kerouac e quant'altro, creando delle immagini particolari. "La voce delle stelle" è il canto degli astri rivelato agli occhi del poeta e non solo. Tanti i luoghi e i quadretti nati seguendo tali metodi compositivi, ma tutti aventi un unico intento: quello di lasciare un'emozione nella mente di chi vede.