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Il testo propone una rilettura del concetto di "corpo senza organi" di Guattari e Deleuze e ne fa emergere le differenze rispetto ad altri approcci di lavoro con il corpo, in ambito sia terapeutico che artistico. Partendo dall'idea che il complesso di Edipo non sia più una struttura di organizzazione dell'inconscio, ma sia diventato una modalità di assemblaggio del processo corporeo, questo volume suggerisce il modo in cui la performance possa costituire una pratica collettiva per la creazione di una soggettività post-edipica e autogestionaria. L'azione performatica viene definita un ibrido culturale, trasversale al campo della clinica, della critica e dell'arte, la cui funzione precipua sarebbe quella di comporre cartografie semiotiche in cui coesistono istanze soggettive e problematiche collettive. Si prefigura così una forma alternativa di partecipazione alla vita collettiva che parte dal corpo come sistema di valenze e immette queste ultime nel campo sociale, facendo del desiderio la forza attiva del cambiamento.