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"Sentivo dire, da bambino, che, se fosse arrivato Stalin in Italia, avrebbe salvato solo quelli con i calli alle mani. Immagino si trattasse di stravagante propaganda; quello che so, è che mi guardavo le manine, identificando con un certo orgoglio delle immaginate callosità. Bene, in questo vi trovavo un cenno di spiritualità: ammiravo le mani del falegname di Nazaret. Il nonno che non ho conosciuto faceva il fabbro e la sua incudine l'avevo ben presente. L'altro nonno era fornaio. Imparai la santità del martello e la purezza della farina. La gran parte della poesia spirituale che leggo mi pare debordante, tremula e loffia, oppure romantica con una spruzzatina di mitico." Col Realismo Terminale la poesia di religiosità si scrive solo nella pagina di un ring. Non è prossima né al gusto dolciario, né all'indugiare psicanalitico. Ex fabbriche, ospedali abbandonati, manicomi dismessi od obitori vuoti e povere galere in disarmo sono fra i più sacri luoghi di culto.