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"Queste lezioni non si pongono come scopo la pura analisi teorica dell'attività pratico- pedagogica, da esse non devono nascere studiosi della pedagogia come da un ciclo di lezioni di storia nascono studiosi di storia, bensì pedagoghi". Le parole di Georg Simmel pronunciate nella Schulpädagogik, tratte dalle lezioni tenute all'Università di Strasburgo nel semestre invernale 1915-1916, sono indicative di un malessere dilagante riguardo a una pedagogia che verteva su metodi sistematici; invece la scuola è una realtà viva, non segue un metodo o un sistema ma forma persone, soggetti viventi. Essa è un'istituzione che mira all'esercizio del pensiero, alla creatività, alla libertà e alla responsabilità di ciascuno, maestro o allievo che sia. Simmel dimostra nella Schulpädagogik, in qualità di filosofo, una particolare attenzione ai dettagli, una sensibilità manifesta che gli ha permesso di "vedere ciò che gli altri non hanno saputo cogliere", fornendo alla contemporaneità una trama sociale non indifferente per comprenderne l'intreccio dell'io reciproco. L'"eclettico" pensatore è riuscito a carpire l'essenza del moderno nella frammentarietà e nella complessità delle interazioni umane e ha prospettato un modello di scuola nella relazione maestro-allievo che il nostro tempo dovrebbe assurgere come "archetipo" e ineludibile problematicismo.