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All'alba del nuovo millennio, iniziato di fatto con la crisi economica del 2007, l'eredità del Novecento si è rivelata più pesante del previsto, comportando un radicale sovvertimento di quelli che per decenni sono stati considerati i temi classici della pianificazione. Per tutto il Novecento l'urbanistica ha giocato in difesa, cercando di mitigare, arginare, e poche volte gestire, l'inarrestabile macchia d'olio della città. Per questa difesa ha calibrato i propri strumenti giuridici, di analisi e di governo, quasi sempre mirati a contingentare l'offerta edilizia verso una domanda vorace e illimitata. In questo scenario di ampia liquidità del diritto edificatorio, valorizzare e recuperare - e non in ultimo rigenerare - hanno significato quasi sempre attribuire un indice edificatorio o una destinazione capace di trainare la trasformazione garantendone le risorse. Dal 2007 tutto cambia. Quella domanda di urbanistica sempre assunta come costante nel processo di pianificazione, vista con sospetto e diffidenza, crolla repentinamente sotto i colpi di una crisi che pochi (forse nessuno) avevano previsto. La moneta urbanistica, il diritto edificatorio, le tanto agognate volumetrie si svalutano diventando numeri privi di un mercato capace di attribuirgli un valore e liquidità. A secco non rimangono solo i ruggenti speculatori ma l'urbanistica stessa che, privata di quelle dinamiche espansive, si ritrova senza la materia prima con la quale costruire il piano, con strumenti perlopiù incapaci di agire in contesti caratterizzati dall'assenza di trasformazioni urbane forti; in contesti nei quali l'attribuzione di volumetrie e destinazioni non basta più da sola ad attivare processi economici capaci di trasformare, recuperare e rigenerare la città. È in questa nuova prospettiva dell'intervento urbano che la ricerca dimostra e fa emergere il ruolo della rendita nell'organizzazione urbana, la sua natura di codice con cui è programmata l'attività umana entro lo spazio della città. Fa emergere la sua capacità di essere strumento di lettura dell'organizzazione urbana, grazie alla sua correlazione con le preferenze localizzative dei city users, e la sua capacità di restituire le criticità e i valori assunti dalle forme di auto-organizzazione della città esistente. Fa emergere in ultimo la potenzialità che un'innovativa politica di gestione della rendita differenziale può avere rispetto ai processi di modificazione dell'organizzazione e dello spazio della città, in particolare rispetto alle forme di rigenerazione.