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La letteratura è iscritta nel DNA del cinema italiano, ne costituisce una struttura portante e gli scrittori e letterati ne sono i vettori privilegiati. Alcuni si prestano subito a offrire il corpo e il sangue della propria opera (Gozzano, D'Annunzio, Bracco), altri manterranno a lungo un atteggiamento di sospetto e presa di distanza (Verga, Pirandello). Non pochi subiscono lo sguardo ipnotico del cinema e decidono presto di effettuare il passaggio di campo, o concedendo i diritti delle opere, o ideando soggetti e collaborando a sceneggiature originali, o dedotte da opere letterarie. Alcuni riescono a far coesistere l'attività letteraria con quella cinematografica (Soldati, Pasolini), altri abbandonano ogni pretesa letteraria senza guardarsi indietro (Amidei), altri rimangono in mezzo al guado, altri ancora contribuiscono a porre le basi d'una nuova poetica, quella del neorealismo (Zavattini), o a inventare una lingua per il cinema capace d'avere importanti ricadute nella vita reale. Tutti insieme concorrono a porre le basi per una lingua comune agli italiani, che nel dopoguerra ancora utilizzano a maggioranza i dialetti. L'autore cerca di raccontare la complessità e varietà dei rapporti tra letterati, letteratura e cinema italiano lungo tutta la sua storia prendendo in considerazione ventitré casi specifici che puntano a ricomporre una sta culturale che attraversa tutto il Novecento.