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Una delle caratteristiche della resistenza romana è stata sicuramente la partecipazione attiva non solo delle forze legate al Comitato di Liberazione Nazionale, ma anche, e forse soprattutto, di un arcipelago di organizzazioni che hanno contribuito, sia politicamente che militarmente, a contrastare l'occupazione tedesca e il rinascere del fascismo. Tra queste organizzazioni c'era anche l'Unione Nazionale della Democrazia Italiana (UNDI), promossa da Placido Martini, che, pur se limitata nel numero, ha pagato la sua scelta con otto dirigenti trucidati alle Fosse Ardeatine. Nonostante due di loro (Placido Martini e Carlo Zaccagnini) abbiano avuta riconosciuta la medaglia d'oro al valor militare, dell'UNDI si sa ancora poco, probabilmente anche per una ingiustificata diffidenza legata al fatto che si trattava di un'organizzazione "a forte matrice massonica", dato che i suoi dirigenti erano anche affiliati alla loggia clandestina "Carlo Pisacane", fondata al confino di Ponza nell'estate 1931. Nel libro vengono ricostruite le attività e il programma politico dell'UNDI, ma soprattutto le storie di Placido Martini, Teodato Albanese, Carlo Avolio, Silvio Campanile, Giuseppe Celani, Mario Magri, Giovanni Rampulla, Carlo Zaccagnini, trucidati alle Fosse Ardeatine, con l'aggiunta, in appendice, anche della storia di un altro massone antifascista, Giordano Bruno Ferrari, ucciso poche settimane dopo a Forte Bravetta. Sono storie che andrebbero riscoperte perché permetterebbero una riflessione più ampia e meno ideologica su cosa è stata realmente la resistenza a Roma, ma anche per ripensare il presente e operare per un futuro migliore, così come auspicava Giuseppe Mazzini: "La pace dei morti, s'essi, come crediamo, guardano ancora con amore alle cose nostre, è l'adempimento del pensiero che li agitò sulla terra".