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Il discorso intorno alla condizione autistica, così come impostato dal punto di vista 'tipico', rimarrà sempre a senso unico se prescinde dal confronto tra le rispettive modalità logico-percettive, e dalla lingua, che ne è il vettore primo. L'intervista esplora il territorio della neurodiversità a partire dal modo in cui viene esperita la parola, ascoltata, parlata e scritta, e virando gradualmente l'indagine ad altri ambiti (la percezione del tempo, il percorso che ha portato alla diagnosi, le dinamiche dell'interazione sociale), rileva come "all'origine della discrasia tra 'tipici' e 'autistici' - scrive Raffaella Scarpa nella presentazione - ci sia nulla di più che un vizio di arroganza", che ascrive a una sola delle parti la facoltà di "fare testo". Lo scambio di domande e risposte è il tentativo di ripartire da capo: l'effetto è come "la rivelazione di una verità inemendabile, che non ci si aspetta e che cambia improvvisamente e stabilmente la visione delle cose".