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Il libro non è semplicemente una comparazione del pensiero di Pier Paolo Pasolini con quello di Jacques Lacan, ma nasce dall'idea che questi due protagonisti della cultura novecentesca si inscrivano in una convergente costellazione simbolica in cui i due mutualmente si illuminano negli snodi più significativi sia per loro che per il pensiero tout court. Di qui i riferimenti critici ad altri autori quali Deleuze e Guattari, Magatti, Negri, Recalcati, Zizek. I temi della mutazione antropologica pasoliniana e del discorso del capitalista lacaniano descrivono e tracciano un orizzonte di "pratiche" che dislocano il politico a livello della soggettività intesa come singolarità. Il nucleo centrale del libro consta dunque dell'elaborazione di una possibile pratica di soggettivazione che sia antagonista al pensiero dominante.