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La memoria dei testimoni - come ammonisce Bloch - non è sempre perfettamente affidabile. Compito dello storico è di discernere nei loro racconti il vero, l'errore e il falso. L'evento che più acutamente ha risentito del problema del falso in età contemporanea è l'eccidio di milioni di ebrei compiuto dai nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale, perché è proprio al cuore dell'impresa genocidiaria che è avvenuta la grande falsificazione di cui si sono nutriti i successivi revisionismi e negazionismi. La consapevolezza che i nazisti hanno tentato di realizzare un vero e proprio mnemocidio ha conferito perciò alla memoria una funzione paragonabile a quella di un atto di resistenza antitotalitaria. Lo storico è divenuto così protagonista di una contemporaneità in cui storia e memoria hanno finito spesso con l'intrecciarsi in modo inestricabile e in cui la parola del testimone ha assunto una capacità di verità superiore e uno statuto etico particolare che ha trasformato la sua esperienza in una via di accesso privilegiato al senso della catastrofe. Si tratta tuttavia di un pensiero di tenore utopico, soprattutto da un punto di vista epistemologico: l'autorità della testimonianza è diversa dall'autorità della prova, quale da più parti si pretenderebbe che fosse, perché è soprattutto autorità di senso, del significato da attribuire agli eventi e non attestazione degli eventi.