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Il teatro è il prisma attraverso cui indagare il meccanismo con cui si compone il mito. Teatro e mito condividono la questione dell'identità, centro nevralgico in cui l'individuale e il collettivo, il particolare e l'universale si intersecano in modo consonante e differente rispetto all'appropriazione che ne ha fatto il logos agli albori della cultura occidentale. Espressivo di questo rapporto è il montaggio: termine mutuato dal cinema e traslato a significare un dispositivo più generale. A dargli forma è un principio eminentemente drammaturgico, come emerge dall'indagine articolata in tre fasi: l'analisi drammaturgica della tragedia da Eschilo a Euripide, contesto d'elezione in cui il mito trova espressione. A cui segue la mappatura di una costellazione di pensatori - da Freud a Goethe a Ejzenstejn - determinanti nel delineare il 'pensare per immagini' proprio del Novecento. Infine l'analisi del metodo compositivo del teatro contemporaneo, dalle Avanguardie Storiche all'esito del teatro statunitense di Wilson e Sellars. Ne consegue che il montaggio, struttura compositiva del pensare in immagini, è il meccanismo mitopoietico all'opera nel teatro 'predrammatico' e in quello 'postdrammatico'.