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L'area culturale in cui opera la ricerca degli anni ottanta è quella della transavanguardia, che considera il linguaggio come uno strumento di transizione, di passaggio da un'opera all'altra, da uno stile all'altro. Le neoavanguardie del secondo dopoguerra si sviluppano secondo un'idea evoluzionistica darwiniana, trovando i loro antenati nelle avanguardie d'inizio Novecento e in una visione lineare della storia come progresso e superamento dei conflitti e delle differenze. La transavanguardia invece opera fuori da queste coordinate obbligate, seguendo un atteggiamento nomade, un'attenzione policentrica e disseminata, che non si pone più in termini di contrapposizione frontale ma di attraversamento incessante di ogni contraddizione e di ogni luogo comune, anche quello di originalità tecnica e operativa. In tal senso la transavanguardia è un'area indefinita che accomuna gli artisti non per tendenze e affinità linguistiche, bensì per atteggiamento e filosofia dell'arte e per la comprensione che il tessuto della cultura cresce non solo verso l'alto ma si sviluppa anche verso il basso, attraverso l'autonomia di radici antropologiche che tendono comunque tutte ad affermare la biologia dell'arte.