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Circa quindici anni or sono, senza alcuna speciale complicazione teologica, una dopo l'altra tre nuove creature angeliche sono apparse nell'alto di un cielo speciale, quello della pittura di Loredana Cerveglieri. Suggestivi i loro nomi, e pieni di risonanze poetiche: Melisante, Didirè, Elités. Sono invenzioni affiorate come vera e propria esigenza di senso sul crinale di un'alba simbolica e immaginifica, che insieme danno forma a un ritratto complesso in cui possiamo leggere, come attraverso una filigrana, quello dell'artista e di una sua certa idea del mondo. I tre angeli abitano di preferenza tele o tavole semicircolari, quasi cimase di polittici rinascimentali, ma non disdegnano neppure grandi superfici vuote e ariose, incondizionato ambito di possibilità per la loro silhouette libera e vaga, mobile e preziosa. Non hanno volto: essi si manifestano e vivono come efflorescenze di segno, disincarnate aperture del pennello e del colore, aggraziate e dinamiche, che animano piani monocromi oppure intarsiano come smalti fluidi e traslucidi lo spazio mineralizzato dalla foglia d'oro.