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Non sono molti anni che il contraddittorio è stato 'calato dall'alto' attraverso la riforma dell'art. 111 della Costituzione, ma il valore che ad esso viene attribuito, nell'ambito della esperienza giuridica, consiste per lo più nella drammatizzazione della controversia. Con questa ricerca si intende invece mostrare la razionalità intrinseca e la forza atletica del contraddittorio. Lo scontro delle parti, che rappresenta l'intima struttura logica del contraddittorio, genera infatti una relazione che consente il dispiegarsi di ciò che supera le pretese particolari delle parti ed è comune ad ambedue sfuggendo, nell'agone oppositivo, al loro pieno controllo: questo perché il contraddittorio rappresenta non solo uno strumento di accertamento/espunzione della contraddizione dai loro detti, ma definisce altresì la condizione affinché le tesi esposte 'abbiano a che fare' con la verità. In questo modo il contraddittorio si rivela qualcosa di più di una delle possibili procedure di risoluzione delle controversie. Il compito che si propone l'autore è di collegare due prospettive, quella del diritto e quella della filosofia: un ponte tra queste due concezioni in ordine al valore del contraddittorio. Un primo passo verso una genuina cultura giuridica che consideri l'antagonismo processuale non più come espressione di una patologia dei rapporti intersoggettivi, ma come la forma disciplinata di una situazione fisiologica.